Accesso ai servizi

Vivere Belveglio

Celebrazione 25 Aprile 2014 a Belveglio

I

ll 25 aprile  in Italia è la Festa della Liberazione, si ricorda cioè l'anniversario della liberazione dal nazifascismo avvenuta durante la 2a Guerra Mondiale.


(Perchè il 25 Aprile è la Festa della Liberazione ? Tale data corrisponde alla liberazione di Milano dal nazifascismo (25 Aprile 1945), e viene assunta come Festa Nazionale della Liberazione).

 

L'Unione di Comuni "Comunità Collinare Val Tiglione e dintorni" celebra questa ricorrenza a rotazione nei Comuni aderenti all'Unione.
Nell'anno 2014, il 69° Anniversario si è celebrato a Belveglio, con il seguente programma:

  • ore 9,00 ritrovo presso l’impianto polivalente comunale di Via XX Settembre,1
  • ore 9,30 Partenza corteo per piazza Vittorio Veneto con deposizione corona al cippo dei caduti e alzabandiera.
  • ore 10,30 S.Messa a suffragio dei caduti.
  • ore 11,30 Saluto delle Autorità e discorsi celebrativi in Piazza Vittorio Veneto.

A seguire, premiazione dei vincitori del Concorso di Fumetti 2014, quest'anno dedicato al tema della Resistenza con il titolo "Per la Libertà: storie di ieri e di oggi", a cui hanno partecipato gli alunni delle Scuole Medie di Costigliole, Mombercelli, Montegrosso e Rocchetta Tanaro.
Pranzo organizzato dal Gruppo Alpini di Mombercelli e Belveglio nel salone dell’impianto comunale polivalente in via XX Settembre, 1.

Inoltre nel salone della Biblioteca Comunale, in via XX Settembre, 1, è stata aperta fino a sera la mostra del Concorso di Fumetti “Per la libertà: storie di Resistenza di ieri e di oggi” con l’esposizione di tutti i fumetti eseguiti dagli alunni delle Scuole Medie di Costigliole, Mombercelli, Montegrosso, e Rocchetta Tanaro, che ringraziamo per l’attività svolta.

Nello stesso salone sono stati proiettati, a ciclo continuo, video dell’epoca sulla Resistenza nel nostro territorio, forniti dall'Istituto Storico della Resistenza di Asti e dall'Associazione Voci Astigiane.

Come prologo della ricorrenza, giovedì 24 Aprile ore 21,15 nella Confraternita di San Giorgio si è tenuto un concerto organizzato dall’Ente Concerti Castello di Belveglio, con ingresso libero, e la partecipazione del “TRIO CLASSICO DI MILANO”.

Il giorno dopo...

La manifestazione  tenuta a Belveglio, è stata preceduta Giovedì sera da un concerto, organizzato dall’Ente Concerti Castello di Belveglio diretto dalla Prof.ssa Marlaena Kessick nella Confraternita di S.Giorgio, con il  TRIO CLASSICO DI MILANO: Massimo De Biasio, violino Ina Schlueter,violoncello, Keiko Hitomi Toizawa, pianoforte, e con il seguente programma:

  • Felix Mendelssohn Trio in Re minore Op. 49 (1809-1847) molto allegro agitato, andante con moto tranquillo, cherzo, leggero e vivace finale, allegro assai appassionato
  • Johannes Brahms Danza Ungherese n. 6 (1833-1897)
  • Franz Schubert Serenata (1797-1828) (trascrizione Franz Liszt)
  • Edvard Grieg Danza di Anitra (Peer Gynt) (1843-1907)
  • Gaetano Braga Léende Valaque (1829-1907)
  • Fritz Kreisler Liebesfreud (1875-1962)

La celebrazione ufficiale è iniziata venerdì 25 Aprile, di prima mattina, organizzata dall’Unione di Comuni “Comunità Collinare Val Tiglione e Dintorni” e dal Comune di Belveglio.

Presenti tutti i Sindaci dei Comuni aderenti all’Unione, con il presidente Gianni Avidano, il Presidente dell’ISRAT Lucio Tomalino, l’Arma dei Carabinieri, il giornalista Garrone braccio destro del comandante Leo, il Gruppo Alpini di Mombercelli e Belveglio e altri Gruppi Alpini, La Croce Verde di Mombercelli, i parroci Don Franco Cartello di Mombercelli, Don Michele Alessio di Castelnuovo Calcea, Mons. Vittorio Croce ed il nostro Don Aldo Rosso, la banda musicale di Mombercelli, e un pubblico numeroso con persone che si fanno trovare pronte ogni anno a questa cerimonia, per non dimenticare.

Verso le 9,30, tra un tripudio di bandiere tricolori, gonfaloni multicolori e galiardetti, il lungo corteo ha invaso via Roma e via Alfieri per soffermarsi in piazza Vittorio Veneto davanti alla lapide dei Caduti, dove è stata deposta una corona di alloro e la benedizione di Don Aldo Rosso.

Poi, il corteo ha ripreso la marcia verso la parrocchia “Natività di Maria” per la S.Messa celebrata dai quattro parroci.

Al termine, tutti sono ritornati in piazza Vittorio Veneto per l’intervento delle autorità.

Ha iniziato il Presidente della Comunità Collinare Val Tiglione e Dintorni, Gianni Avidano, dopo di che ha preso la parola il Sindaco di Belveglio Michela Cretaz che al termine del suo intervento, ha introdotto la lettura, da parte di Tania Reggio,  di memorie del periodo della Resistenza vissute dalla staffetta partigiana Teresio, che con occhi lucidi di commozione è stato fatto accomodare sul palco ad ascoltare quanto aveva raccontato poco tempo fa.

Lucio Tomalino presidente dell’ISRAT e Garrone braccio destro del comandante Leo hanno concluso gli interventi.

Tutti, dopo un accenno ai fatti storici della Resistenza, hanno ribadito la necessità di non dimenticare, soffermandosi sulla necessità odierna di continuare la Resistenza, a fronte di un vivere sociale sempre più difficoltoso, i tanti problemi di chi è senza lavoro, la politica che con i suoi errori si è resa poco credibile, così come la difficoltà attuale di governare e il perduto collegamento nei valori di riferimento…

Per fortuna una ventata di aria fresca è arrivata con la premiazione dei migliori lavori del Concorso di Fumetti (di cui si parla in un altro articolo) con i volti felici di insegnanti e alunni: il nuovo che avanza e promette di darci speranza in un mondo migliore: le stesse aspettative cui aspiravano tutti quei giovani 69 anni fa.

 La manifestazione è terminata.

E’ stato certamente un giorno di festa, per ricordare la ritrovata Libertà, negataci dal regime fascista, e  riacquistata dopo una dura lotta di tante persone, di tutti i ceti sociali, che hanno dato la loro vita per questo bene supremo.

Come ha detto il filosofo Stephen Littleword, “Un popolo ha la libertà per cui è disposto a lottare”.

Ecco, questo è vero anche oggi, in un periodo storico in cui non ci sono più guerre nei nostri paesi, ma dove  è necessario lottare ancora per tornare a recuperare condotte morali e civili di cui, purtroppo, si sono perse le tracce.

Possiamo di nuovo farle nostre per il bene del nostro Paese.
Abbiamo da ricostruire un tessuto sociale, economico e occupazionale frantumato e devastato.
Abbiamo da ripulire una classe politica gravata da troppe macchie e troppi scandali.

Come sessantanove anni fa, anche noi abbiamo da recuperare la speranza della prospettiva e di un domani migliore.

Abbiamo ancora tanto da fare.

 

Immagini della celebrazione della Festa della Liberazione.

http://158.102.224.6:80/Web-comuni-new/sitiComuni/Belveglio_file/Storia/2014
Intervento del Sindaco di Belveglio, Michela Cretaz

http://158.102.224.6:80/Web-comuni-new/sitiComuni/Belveglio_file/Storia/2014
La S.Messa ai caduti

http://158.102.224.6:80/Web-comuni-new/sitiComuni/Belveglio_file/Storia/2014
I Sindaci dell'Unione di Comuni "Comunità Collinare Val Tiglione e Dintorni" con la staffetta partigiana Teresio

LA RESISTENZA A BELVEGLIO
E' sempre più difficile trovare testimonianze viventi di quel periodo storico così travagliato e difficile, ma a Belveglio abbiamo rintracciato Teresio, all'epoca diciasettenne e staffetta partigiana, che ci ha raccontato alcuni episodi vissuti in prima persona
 
Ricordi della Resistenza a Belveglio nel 1944.
Il 6 Giugno 1944 gli Alleati sbarcano in Normandia e cominciano l’avanzata verso il cuore della Germania che raggiungeranno l’anno successivo: finirà così la seconda guerra mondiale.
In Italia è ormai chiaro che la guerra è persa, anche perché l’8 Settembre del ’43 è stato firmato l’armistizio con gli Alleati, generando una situazione di confusione estrema: militari italiani che cercano di ritornare a casa, altri fatti prigionieri e deportati in Germania o nei campi di concentramento o nei campi di lavoro, mentre irriducibili Camicie Nere creano la Repubblica di Salò che imperverserà nel Nord Italia, affiancata ai Tedeschi ormai dominatori della scena, procurando terrore e massacri tra la popolazione costretta a subire sofferenze e umiliazioni.
I Repubblichini (detto in senso spregiativo  riferito ai repubblicani della Repubblica di Salò) promulgano leggi che impongono ai reduci ritornati a casa dal fronte di aderire alla Repubblica di Salò e chi non lo fa sarà deportato in Germania. La stessa sorte che spetta a sbandati, ebrei, e persone anche solo sospettate  di qualsiasi cosa  non in linea con le direttive di Salò.

Il popolo contadino non ama il fascismo, ma ci sono spie e delatori, non sempre conosciuti, che generano sospetti, diffidenza e stati d’ansia continui nella popolazione.
La  popolazione contadina esausta e stanca per la mancanza di braccia a lavorare la terra (sono rimasti solo più donne, bambini e anziani),  lotta per avere un  po’ di cibo con la Tessera Annonaria cercando nel contempo di nascondere qualche sacco di grano con il rischio di gravi ritorsioni, e prova a difendere quel poco rimasto da repubblichini e a volte partigiani.

In questo “ambiente”, si inseriscono i ricordi di Teresio, in quel periodo staffetta partigiana, che con occhi lucidi prova a rivivere alcuni momenti che, anche se un po’ sfumati, non è possibile dimenticare, e che vuole tramandare a nipoti e pronipoti come testimonianza  del periodo bellico.
Ecco alcuni momenti ancora vivi nei suoi ricordi.

Luglio 1944: Rastrellamento in Val Tiglione da parte di Tedeschi e Repubblichini.
…è estate piena, durante il giorno, nel caldo torrido si sente tra gli alberi  il canto delle cicale.
Mio fratello Ugo, ferito ma vivo, è tornato a casa dal fronte albanese, per la gioia di tutti, soprattutto di mamma Maria e papà Andrea.
Ci può dare una grossa mano nel lavoro dei campi e nella vigna, nei quali io appena diciasettenne già mi sento stanco e vecchio.
La guerra è ancora attiva in Europa, ma non è che le notizie arrivino puntuali; senza radio e giornali siamo informati dai “si dice” e “ho sentito che…”, notizie false o vere, non si sa.
Viviamo continuamente col pensiero rivolto agli amici ancora al fronte, senza nessuna notizia di loro, come il mio vicino di casa Pinin che ritornerà a casa, fortunatamente, nel Settembre del ’45 a guerra finita e dopo la prigionia in Germania.
Da qualche tempo si sente parlare di un probabile rastrellamento da parte di tedeschi  e repubblichini  in Val Tiglione, alla ricerca di soldati rientrati a casa dopo l’8 Settembre, e che non hanno aderito alla Repubblica di Salò, di ebrei nascosti in casolari, di giovani che non si sono arruolati con i repubblichini, di dissidenti del regime fascista.
Mio fratello Ugo mi invita sempre a parlare poco e a non manifestare apertamente le mie idee: c’è sempre qualche spia o delatore pronto a denunciare ai repubblichini e ai fascisti.
Una sera,  Fiorino arriva trapelato a casa mia, dicendomi che ha sentito a Mombercelli di un imminente rastrellamento a Belveglio e dintorni, gettando nello sconforto la mia famiglia.
Interrompo la cena, e subito cerchiamo di radunare gli amici fidati per decidere sul da farsi.
Avvisiamo mio cugino Teresio, Meo, Cicu, e gli abitanti delle case vicine, e andiamo a discutere nella cascina Roveta, relativamente lontana dal centro abitato.
“Fieuiii” (ragazzi), dice Fiorino, dobbiamo organizzare dei turni di guardia, e appena sentiamo il rumore di camion e parlottare di persone avvisiamo tutti e andiamo a nasconderci tutti dal “fascinè”. (sulla collina davanti alla cascina Baratta! praticamente al centro del triangolo Belveglio, Cortiglione, Vinchio).
Così abbiamo fatto.
Era un po’ di notti che montavamo di guardia a gruppi di due.
Quel giorno cominciava ad albeggiare, e di guardia c’erano Fiorino con Meo, quando ci avvisano che sta iniziando il rastrellamento, avendo sentito i camion arrivare nei dintorni del cimitero di Belveglio.
Vengono poi avvisati tutti gli abitanti delle case vicine.
La luna piena era ancora alta nel cielo, accrescendo la paura di essere scoperti.
Repubblichini e tedeschi stavano circondando la zona circoscritta tra Belveglio, Cortiglione, Vinchio e Mombercelli, come abbiamo appurato qualche giorno dopo.
Dal rombo dei camion e dal parlottare dei soldati erano sicuramente in tanti, almeno una trentina.
Presso il cimitero, si sentivano distintamente lo sbatter delle porte dei camion che trasportavano i tedeschi e i fascisti, e gli ordini secchi e perentori che invitavano a disporsi a gruppi per iniziare il rastrellamento.
L’abbaiare dei cani accresceva la nostra paura e l’angoscia dei miei genitori che ci invitavano ad andare a nasconderci, a fare presto, e  e senza far rumore.
Nel silenzio assoluto e con circospezione siamo andati dal “fascinè”, (mucchio di fascine fatte con i tralci delle viti potate), sdraiandoci in mezzo agli arbusti e osservando quello che succedeva a valle.
A bassa voce discutevamo sul da farsi, e vedevamo e sentivamo i repubblichini che dal cimitero avanzavano verso le nostre case.
Non ci siamo accorti, però, di un gruppo di repubblichini che si erano diretti alla Cascina Biglia, praticamente a poche decine di metri dove noi eravamo aqquattati nei pressi del “fascinè”.
Fortunatamente non ci hanno visti e sono  proseguiti un po’ sulla collina verso Vinchio, fino alla zona chiamata “Martin”,  dove avvistano nella valle “Veramasca” due fratelli di Vinchio, di cui uno partigiano che riuscirà a dileguarsi  nonostante gli sparassero contro, mentre l’altro abbastanza più anziano aveva deciso di non scappare, sperando di farla franca.
Sparano,  e sul fondovalle “Veramasca”, fanno progioniero il fratello anziano, picchiandolo.  Più tardi lo porteranno a valle,  nel prato davanti a casa mia.
Nel frattempo, il gruppo di repubblichini che si era fermato nel mio cortile faceva colazione con comportamenti  altezzosi e prepotenti.
Il mio vicino Cicu, sotto la minaccia delle armi, era andato a prendere qualche bottiglia di vino da porgere al sergente maggiore, per cercare di evitare prepotenze ulteriori.
In tarda mattinata, una parte di questi repubblichini si era diretto lungo la stradina sterrata che porta a Vinchio, transitando nella valle proprio sotto il “fascinè”, fermandosi a confabulare in regione “Veramasca”, per poi salire sulla collina medesima, proprio di fronte a dove eravamo appostati noi.
Il gruppetto dopo un po’ si è incamminato per ritornare indietro, e raggiungere gli altri commilitoni fermatisi a casa nostra.
Quando abbiamo visto questa scena, abbiamo deciso a gruppetti di trasferirci sulla collina “Veramasca”, e scendere verso il Tiglione, cercando di raggiungerlo per uscire dall’accerchiamento.
Invece mio cugino Teresio e Meo non si sono mossi dal nascondiglio presso il “fascinè”,  e ritorneranno a casa alle 4 del pomeriggio, allorchè non hanno più rilevato rumori e presenze sospette.
Io e Fiorino siamo scesi a valle, e poi saliti sulla collina “Veramasca”, indi con molta circospezione, io sono sceso verso la cascina Pavese, quindi ho imboccato la strada nella valle, e sono andato a casa mia, nascondendomi in casa: erano le ore 11. Invece Fiorino è sceso fino al Tiglione, e facendo un lungo giro, anche lui è poi rientrato a casa.
Nel primo pomeriggio, davanti a casa mia arriva anche il gruppo di fascisti che aveva fatto prigioniero il fratello anziano di Vinchio, già percosso in modo selvaggio, e fatto sedere nel prato davanti a casa mia, e ancora percosso duramente, per farsi dire dove si nascondeva il giovane fratello partigiano: ed io ormai rientrato a casa, dalla finestra vedevo e sentivo tutto, ed è un tormento che mi porto dietro ancora oggi.
Più tardi, sghignazzando, e al canto di “Giovinezza, Giovinezza”,  i repubblichini col prigioniero sono ripartiti verso Vaglio Serra, dove l’hanno messo contro un muro, divertendosi a torturarlo sparandogli tutto attorno senza colpirlo, continuando a bastonarlo per farlo parlare: questo fatto ha marcato la vita di quest’uomo, che poco dopo si ammalò, e più tardi morì.
In questo mese i repubblicani non sono più tornati a Belveglio, ed il nostro gruppo per ora era salvo.
Nel loro avanzare verso la Val Sarmassa, il giorno dopo, a Vinchio i repubblicani catturano un partigiano di Cortiglione, e durante una sparatoria lo uccidono, e lo caricano sul camion, indi passando dalla Crocetta catturano un mio cugino, Pierino, il quale più tardi perderà un occhio durante un conflitto a fuoco.
Verso le 15, i camion dei repubblichini, oltrepassato Cortiglione, sono poi scesi nella Val Tiglione, dirigendosi verso Montegrosso.
Ma dopo Belveglio, in località Vallone, c’era ad aspettarli la banda partigiana di Belveglio, tra le cui fila figuravano anche partigiani di altre zone, una ventina in tutto, che al sopraggiungere dei camion hanno iniziato le ostilità,  e scaricato su di essi una grande quantità di bombe a mano, provocando tra i repubblichini tre morti e parecchi feriti.
La reazione dei repubblichini è stata veemente, costringendo alla fuga i partigiani, con qualche ferito ma nessun morto.
Durante la sparatoria, Pierino della Crocetta si era nascosto sotto il partigiano morto di Cortiglione, ma una scheggia di bomba a mano gli ha rovinato un occhio.
Pierino ebbe però fortuna, poiché a Montegrosso, approfittando della disattenzione dei repubblichini, riuscì a dileguarsi, e non fu più ripreso…

Rastrellamento nel novembre 1944 e la “tampa”.
“…a casa mia, a lato della stalla, c’era la “tampa”, un grande buco dove si metteva il letame che andrà poi distribuito come concime nei terreni coltivati; con mio fratello Ugo e mio padre Andrea avevamo scavato sul fondo per renderla più profonda, circa due  metri e mezzo,e avevamo predisposto dei grossi pali che potessero sostenere molto letame, in modo che, sotto, potesse rimanere uno spazio sufficiente per nascondere una o due persone. Più avanti mi sarebbe tornata utile.
I repubblichini stazionavano da 10 giorni a Belveglio.
C’era sentore che quella sera ci sarebbe stato un rastrellamento Oltretiglione, e mio fratello Ugo mi impose di entrare nella “tampa”, ricoprendo il “tetto” di abbondante altro letame.
Erano le ore 23 di un giovedì novembrino, e faceva freddo.
Il caldo del letame quasi mi faceva piacere.
Sotto qualche coperta, mi addormentai, e dov’ero, percepivo  all’esterno i rumori attutiti e opachi.
Ugo nel frattempo riuscì a fare scivolare nella tampa, in un pertugio del letame, qualche mela, un  pezzo di pane, e un po’ d’acqua.
A pochi metri dalla tampa, vicino alla strada comunale, i fascisti avevano piazzato le mitragliatrici, e li sentivo confusamente parlottare, cercando in tutti i modi di non segnalare la mia presenza.
Nella tampa rimasi tutto il Venerdì, rimasi anche la notte che anticipava il Sabato, e uscii solo il Sabato alle 13, quando mio fratello giudicò che non c’era più alcun pericolo.
I repubblichini se ne erano andati…”.
 
 Rastrellamento nella primavera del 1945: un giorno qualunque.
…diciasettenne, in seno alla resistenza avevo il compito di fare la staffetta e portaordini, soprattutto di notte.
Quel giorno non avendo impegni di quel tipo, mi trovavo a casa e di mattino presto stavo pulendo la stalla con mio fratello Ugo.
Fuori un tempo uggioso invitava a rimanere in casa.
Quel  mattino, quando cominciava ad albeggiare, con una pioggia insistente ed un freddo che penetrava nelle ossa, arrivarono a Belveglio tre camion con tedeschi e repubblichini, dirigendosi sulla salita che porta verso il Bricco di Belveglio.
I partigiani di questa zona erano soliti accasarsi all’Altina, e il Pierin che abitava in una casa sulla sommità della collina, accortosi dell’arrivo dei repubblichini dal rombo dei motori che sbuffavano in salita, inforcò la bicicletta e pedalando in modo disordinato e affannato riuscì a raggiungere l’Altina e ad avvisare la  banda partigiana di Belveglio, che quel giorno contava di circa 30 unità, compresi anche alcuni partigiani forestieri, urlando “scappate che sono qui”,e già si sentivano alcuni crepitii di mitraglia, sparatoria che da casa mia sentivamo distintamente rendendoci ammutoliti e silenziosi.
Vestiti o svestiti, qualcuno scalzo, altri senza pantaloni,  portandosi dietro le armi, e qualche vestito sotto le ascelle, fradici di pioggia, i partigiani, compreso il Pierin si gettarono letteralmente nelle vigne e nei boschi verso Rocchetta Tanaro, riuscendo ad evitare le mitragliatrici tedesche e repubblichine: solo Fiorino che stava attraversando un vigna, fu lievemente ferito ad un fianco, e per puro miracolo si salvò.
Anche Romolo, Battista, Nino, Meo, Ambrogino, il genovese Giovanni,  mio cugino Teresio, che facevano gruppo, riuscirono a sfuggire all’attacco tedesco-repubblichino.
La banda partigiana al completo potè così continuare la lotta la nazi-fascismo.”.
 




Documenti allegati:
Locandina 25 Aprile Locandina 25 Aprile (2,48 MB)